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UNA PRIMA RIFLESSIONE SU CHI E’ STATO MIKHAIL GORBACIEV

Speriamo che questo articolo possa aprire un ciclo serio e scevro da demagogie di ogni tipo su questa figura: la concezione materialistica della Storia è chiara su questo punto: la Storia non la cambiano interamente gli individui, al netto delle loro responsabilità di singoli che vanno comunque valutate. Noi rispettiamo la persona umana anche nella critica politica più aspra che possa esserci. È questo che ci differenzia dai fascisti e dai fascismi.

Mikhail Gorbaciev è venuto a mancare la sera del 30 agosto 2022.
Possiamo ormai affermare che è una figura storica, lo è stata sicuramente a cavallo tra due epoche, andrebbe detto più precisamente una figura di “transizione” sistemica, e definirlo in tale maniera è puramente oggettivo, a prescindere dai giudizi che si possono avere su un personaggio che è impossibile ignorare e non considerare nella sua complessità, complessità che è stata portata avanti fino alla fine dei suoi giorni. C’è da ricordare infatti che, sebbene critico con Putin per ciò che concerne la gestione del potere, nel 2014 difese l’interesse nazionale della Russia sulla questione dell’annessione della Crimea.

Il nostro giudizio d’insieme sull’operato di Gorbaciev alla fine degli anni ottanta del Novecento è e rimane sostanzialmente negativo; da eredi ideologici della visione comunista, potremmo volentieri lasciarci andare alle dinamiche della propaganda, alla condanna senza appello di un atto terribile e vile, quale lo scioglimento di un’Unione Sovietica che la maggioranza degli stessi popoli dell’Unione, tramite referendum, aveva rigettato ma che di fatto venne poi portata avanti con manovre essenzialmente di palazzo.

Pur tuttavia a una certa difficoltà di gestione socio economica in URSS ci si era arrivati, e proprio da comunisti, per poter comprendere il nostro passato, non vanno trascurate le difficoltà e le contraddizioni che in un primo momento, un giovane uomo di apparato venuto su dalle campagne di Stavropol ha cercato di affrontare.

Nato il 2 marzo del 1931 da una famiglia di agricoltori, dopo un’esperienza nel Komsomol – la gioventù comunista – sbarca a Mosca all’inizio degli anni Cinquanta e si laurea in giurisprudenza nel 1955.
Negli anni universitari si iscrive al partito comunista e conosce Raissa Titarenko, che diverrà sua moglie e resterà sua compagna di vita sino alla sua morte, nel 1999.

La carriera in politica di Gorbaciov inizia nel 1970, come primo segretario del partito a Stavropol. Dopo dieci anni torna a Mosca come membro a pieno titolo, e più giovane, del Politburo.
Sotto le ali protettive di Andropov, capo del Kgb e originario anche lui di Stavropol, rafforza la propria posizione: numerosi i suoi viaggi all’estero; nel 1984 incontra per la prima volta l’allora primo ministro britannico Margaret Thatcher.

Con la morte di Cernenko, l’11 marzo 1985 diventa segretario generale del Pcus a 54 anni, una svolta generazionale importante che se gestita meglio avrebbe potuto essere positiva per il rafforzamento dell’URSS. Il 1986 è già un anno cruciale: a febbraio Gorbaciov lancia le sue parole d’ordine, Glasnost (trasparenza) e Perestroika (ristrutturazione), per migliorare e rinnovare, secondo le sue prime intenzioni il sistema sovietico, considerato troppo stagnante in ambito economico e di gestione.

Ma un segnale inequivocabile dei suoi errori, se in buona fede o meno non ci è dato sapere, che stavano portando ad un precipitare prossimo degli eventi si ebbe già nella conferenza interna del Pcus del 1988, dove si espresse chiaramente contro il ruolo guida del Partito nei processi di compartecipazione stato-mercato, a differenza della transizione attuata in Cina da Deng Xiaoping.

In ottobre invece si incontra con l’allora presidente americano Ronald Reagan a Reykjavik, in Islanda, per discutere la riduzione degli arsenali nucleari in Europa, suggellata l’anno successivo dalla firma di uno storico trattato.
Riallaccia inoltre i rapporti dell’URSS con la Cina, storicamente interrotti da trent’anni, e con una serie di personalità civili e religiose tra cui il Papa.
Il suo impegno per la riduzione delle armi nucleari e il suo approccio dialogante gli valsero la candidatura al Nobel per la pace nell’anno 1990.

Il 1991 però divenne un anno tumultuoso: in agosto venne trattenuto per tre giorni nella villa presidenziale in Crimea, per ragioni di sicurezza nazionale, anche grazie ad alcuni deputati e dirigenti comunisti che non volevano far concretizzare il disastro politico che di lì a poco avvenne, disastro dovuto alla sommossa reazionaria organizzata da un elemento fieramente traditore come Eltsin. Dinanzi alla Storia e a un suo bivio decisivo, Gorbaciev dimostrò la sua inadeguatezza nel decidere una strada e nell’avere lo stomaco per seguitarla fino in fondo.

Con l’8 dicembre successivo, con la firma con Ucraina e Bielorussia e la nascita della Csi, la Comunità di Stati indipendenti, Gorbaciev decise in sostanza la fine dell’URSS, scelta che gli è costata sino ad oggi l’impopolarità per la gran parte dell’opinione pubblica russa.

Di lui, ma soprattutto di Eltsin e di quei giorni concitati, il segretario dell’attuale Partito Comunista della Federazione Russa, Ghennadij Zjuganov, ricorda: “Persone estranee agli ideali comunisti iniziarono a entrare negli organi di governo del partito. Per un po’ mascherarono le loro vere opinioni e intenzioni con la retorica “corretta”. Tuttavia, dal 1985, mostrarono i loro veri volti. L’ascesa al potere di Gorbačëv segnò l’inizio della distruzione dell’Unione Sovietica. Col pretesto di slogan su accelerazione, perestrojka e glasnost, i nuovi governanti iniziarono a distruggere metodicamente tutti i pilastri chiave del sistema socialista: dall’economia all’ideologia. Tale processo culminò nella tragedia del 1991.”

Lo storico Eric Hobsbawn, valutando un’informazione proveniente da un direttore storico della CIA, analizzò ciò che fu il terreno di coltura dell’ascesa di Gorbaciev, ovvero la figura di Andropov, il potente capo del KGB nonché suo padrino politico: “Credo che se (il leader sovietico) Andropov fosse stato quindici anni più giovane quando prese il potere nel 1982, sarebbe esistita ancora l’Unione Sovietica”.
In effetti, già Andropov dette una decisa spinta a una progettualità riformatrice, che con molta probabilità credette di aver trasmesso, nel giusto spirito di tutela e preservazione dell’ideale e del sistema socialista, al suo pupillo Mikhail.

Un sistema complesso come quello dell’URSS, per essere riformato e affrontato a fondo nelle sue criticità relative alla corruzione creatasi sotto Kruscev e protrattasi con Breznev e relative alla seconda economia sommersa – che con le ultime liberalizzazioni gorbacioviane assunse proporzioni spaventose e creò il preludio dello “stato mafia” degli anni novanta – avrebbe necessitato di un’azione lenta e prudente, con la giusta attenzione agli equilibri di potere interni e al mantenimento di un assetto di politica estera adeguato, con la cooperazione degli stati alleati del COMECON anche al fine di sviluppare le integrazioni dei rispettivi mercati. Gorbacev invece, in nome di un dialogo con un occidente sistematicamente traditore dei patti verbali stipulati, sacrificò alleati importanti come la Germania Est di Honecker e la Polonia di Jaruzelski, sacrifici dannosi che non portarono al futuro di stabilità e di pace che tanto auspicava. Lo stesso Vladimir Putin, fortemente critico ma comunque rispettoso della sua figura storica, gli ha sempre rimproverato di non aver mai stipulato patti in forma scritta, con gli americani, per ciò che concerneva la sfera di influenza Nato ad est e le politiche di de-nuclearizzazione.

Andropov aveva in mente tutto ciò, mentre – escludendo la parentesi di Cernenko – il suo successore nonché “pupillo” Gorbacev non seppe, o non volle, per una serie di ragioni storiche anche collegate a una linea socialdemocratica nascosta nel Partito Comunista, mantenere un’impostazione di riforma rigorosa ma al contempo lenta e prudente, perdendo quindi il controllo di quei settori economici sommersi che, sempre più insistentemente, attraverso i loro strumenti di pressione (le cordate, i funzionari corrotti), riuscirono a imporre drastiche misure di liberalizzazione e capitalizzazione privata delle industrie di Stato. Ovvero l’opposto di ciò che costruì la Cina, per la quale vediamo oggi gli ottimi risultati di tali scelte dopo tre decenni.

La stragrande maggioranza delle persone in occidente e in Italia, compresi la quasi totalità di politici e giornalisti, conosce ben poco del dramma economico degli anni novanta, della sofferenza che il popolo russo dovette patire e dalla quale, oggi, che ci piaccia o meno, è uscito trovando in una nuova identità nazionale, comunisti russi compresi, una forza e una sintesi per salvare il loro Stato.
Prima si capisce questa dinamica, prima capiremo fino a che punto e a quali condizioni il popolo russo vuole vivere e coesistere con gli altri popoli, sia delle aree ex sovietiche sia dell’intero pianeta.
Una di queste è che l’occidente non interferisca più nelle dinamiche di altri paesi, e tutto questo è un principio e un discorso completamente innovativo, che permette anche a Indiani, Cinesi, Iraniani, Arabi dei diversi paesi del medio oriente, di trovare un nuovo spazio geografico e economico di auto realizzazione.

Gorbaciev è una figura che ha avuto quindi la sua importanza storica a livello comunicativo, è stato un politico capace di sfruttare ciò che era una debolezza cronica del sistema sovietico – ovvero la stagnazione socio-economica – per sfruttare parole d’ordine di svolta che, se fossero state poste correttamente al servizio dell’URSS, avrebbro anche potuto rafforzarla, come in effetti appariva nei primissimi momenti della sua presidenza.
Il suo agire successivo sconfessò le speranze e le attese, su tutti i fronti, e di lì a poco, prima che nella villa in Crimea, rimase imprigionato da se stesso e dalla non scelta al bivio della Storia, che poi è la tipica sensazione di non scelta della socialdemocrazia. Un dubbio forse molto europeo, “kirkegaardiano”, per il quale i cinesi, educati alla modalità e al pensiero confuciano, probabilmente non ne hanno mai subito gli effetti, scegliendo la via del controllo economico del capitalismo e del ruolo di direzione del partito. Ma del resto, nel 1917 Lenin non è che agì molto diversamente, e ne aveva ben donde.

Attaccato da sinistra e da destra, Gorbaciev perse quindi il controllo anche della sua stessa visione.

Trattato come fiore all’occhiello, di fatto strumentalizzato, da un occidente feroce e disumano nelle sue guerre “umanitarie”, usato come velina di pace in un mondo di guerra, complice comunque quel suo “esporsi gentile”, va considerato per quello che è: un uomo purtroppo inadeguato all’incarico da lui ricoperto, ma che se arrivò fino a lì fu anche perché gli “ortodossi” non seppero contrapporgli una figura altrettanto giovane e che proponesse soluzioni a problemi veri e concreti.

Un personaggio complesso, divisivo, che si è trovato, per un caso della Storia, a essere Presidente dell’URSS in un momento delicato per il socialismo e sul quale, ancora oggi noi comunisti d’occidente, non abbiamo decifrato una soluzione.

Luca Rodilosso – direttore ilcomunista.it